Eccoci arrivati a Mumbai aka Bombay!
Non ostante il viaggio relativamente corto, siamo atterrati distrutti di sonno e di fame: volare con Air India è stata un’esperienza faticosa.
La città ci ha accolto, come atteso, con un monsone intenso e caldo aromatizzato al curry, che a ciclo continuo scarica scrosci da 20 minuti per poi darne altrettanti di tregua.
Il primo impatto con la citta è molto forte: un girone infernale di traffico, clacson, tuc tuc, in cui ricchezza e povertà estrema camminano mano nella mano, in un melting pot di turbanti sik, sari, burqa, hijab, modernità e tradizione, palazzi fatiscenti, baracche con accanto grattacieli scintillanti. Siamo ancora storditi.
Kiki ed io non riusciamo a distinguere quando ci parlano in indi o in inglese, ma niente proprio. Anche Violi che si bulla millantando di sapere l’inglese fluent si è arresa all’evidenza: quando ci parlano gli indiani non capiamo una cippa (salvo rari casi).
Una cosa invece iniziamo a capirla: se chiedi cibo non piccante ti portano piatti che minimo sono a 30.000 sulla scala di scolville, compreso il menu International Kids dell’aereo. Tommi disperato dalla fame ha ingurgitato tutto con una chiara sequenza di vaffanculo che gli scorrevano negli occhi come i sottotitoli di squid game. Speriamo si abitui.