Giorno 24. Kuta Lombok.
Ci siamo trasferiti a sud di Lombok a Kuta da un paio di giorni.
Qui è il regno dei surfisti che arrivano dall’Australia.
Col nostro provvido microonde Suzuki ci siamo avventurati per le spiagge ad ovest, Mawun e Mawi. La prima molto protetta da promontori sembra quasi un cerchio perfetto con relativamente poca onda oceanica, la seconda invece è il regno incontrastato del surfista. Qui ci siamo appollaiati sotto un tetto di bambù con una birra ad osservare le prodezze di decine di fricchettoni da onda.
Il giorno successivo abbiamo deciso di spingerci all’estremo est a caccia della famigerata Pink Beach. Dopo due ore di macchina, strade sempre più disastrose, attraversamenti di scimmie e buoi, siamo arrivati nella spiaggia più meravigliosamente desolata e pacifica vista fino ad ora. La sabbia bianca è tempestata di piccoli pezzi di corallo rosso, da cui il suo nome. Non ci sono quasi onde, e i nani si buttano a capofitto nel mare. I turisti sono quasi tutti del luogo, giusto un paio di occidentali. Ci godiamo tre ore di relax poi ci rimettiamo in macchina, perché fare 60km a 30km/h richiede tempo.
Sulla strada del ritorno rimaniamo bloccati da un corteo di matrimonio. Io non resisto: salto giù dalla macchina con la reflex in mano e cerco di mimetizzarmi goffamente fra decine di indonesiani tutti parati a festa. Nella mia testa penso che verrò allontanata malamente, visto che indosso shorts e canottiera e sono innegalibilmente un’imbucata. Invece vengo risucchiata dalla folla che mi chiede di scattare foto e di andare alla testa del corteo per immortalare gli sposi. Immagino, per memoria personale, di trovarmi davanti a due sposini raggianti, e invece a dispetto della parata festosa, neo moglie e marito hanno rispettivamente lo sguardo incazzato nero e gli occhi del pianto luttuoso. Mi sa che il matrimonio non è consensuale. Scatto una foto, ringrazio con un inchino e le mani giunte sperando invano di strappare un sorriso ai neosposi, e mi rimetto in macchina con la ciurma.
Il piano per la serata è già delineato: ci siamo rotti le palle di mangiare pranzo e cena riso e pollo o pollo e riso, e per una volta che la nostra casa ha una cucinina di emergenza lo rifacciamo: pasta fresca all’uovo con sugo di pomodoro fresco!
Per l’occasione invitiamo anche la nostra vicina di casa australiana che ci presta gentilmente una pentola. Ci sediamo tutti e cinque nel patio per terra e mangiamo chiacchierando amabilmente tutta la sera. Lei ci racconta che è a Lombok da ottobre del 2014, fa surf tutti i giorni e si arrangia dando lezioni di yoga. Il tenore delle persone che incontriamo qui è circa lo stesso. Surfisti autraliani spiaggiati a Kuta per mesi, che ciondolano tra surf, warung, amici incontrati sul posto, lavori di fortuna.
I nani svengono sul patio ammorbati dal ciarlare senza sosta in inglese col gatto cucciolo della casa. La nostra nuova amica ci saluta (domani surf, la sveglia suona presto).
Il giro di boa è andato: siamo oltre la metà del viaggio. E ci sembra di essere partiti ieri, e di essere in viaggio da mesi. Siamo affaticati ma ancora curiosi di andare avanti.