Giorno nove e dieci.
Abbiamo spostato per due giorni il campo base a Padang Bai, per visitare ancora un po’ Bali ed essere sul trampolino di lancio per le Gili.
La baia di questo minuscolo paesino è un luogo di frontiera, pieno di australiani e francesi che si fermano una notte prima di partire per Lombok o Gili. Qui i balinesi non ti guardano quasi in faccia: sanno che sei qui per imbarcarti, come altri centinaia di turisti. Non perdono tempo a ricordarsi la tua faccia o scambiare un sorriso.
Oggi è il nostro ultimo giorno a Bali, e tutta l’isola celebra una festività Hindu. Sono tutti vestiti a festa col sarong buono, le donne hanno preparato grandi ceste di offerte da portare nei templi. Gli uomini hanno addobbato macchine e motorini col bambù. I cestini con le offerte sono ammucchiati per strada a centinaia alla volta.
Prima e unica tappa di oggi è il tempio Tana Loth: non è il più importante dell’isola ma il più visitato in assoluto per la sua ubicazione mozzafiato a picco sull’oceano.
Appena usciti dell’albergo incappiamo in un rito funebre con relativa cremazione. Questo periodo dell’anno dicono essere quello propizio per cremare i defunti che hanno provvisoriamente seppellito. In effetti ogni giorno da quando siamo qui abbiamo incrociato una cremazione a bordo acque. Da occidentale ti senti come un elefante in una cristalleria, perché è difficile capire come mai nessuno sembri triste e la celebrazione sia una festa con banchetto e palloncini.
Ritiriamo la nostra lussuosissima Toyota Avanza e ci buttiamo nel traffico demenziale delle feste.
Dopo due ore e mezza arriviamo all’ingresso del tempio, e sembra di stare al Carrefour di Carugate: bancarelle a non finire che vendono sarong, pannocchie arrostite, palloncini (Masha e Orso va fortissimo pure qui a quanto pare). Manca solo Paolino lo Spiedino.
Dopo 1km di puttan-tour di bancarelle, approdiamo allo spettacolo di Tana Loth. Tentiamo assatanati le prime foto, ma sempre comunque e inevitabilmente una comitiva di cinesi chiassosi con iPhone e bastoncino selfie ci entra nell’inquadratura. La faida è aperta: allora mi diverto io ad entrare malevolmente nei loro selfie senza pietà 😀
Ci siamo avventurati fino in cima al tempio attraversando l’oceano a piedi assieme ai balinesi e ricevendo un permesso speciale (non sappiamo da chi) per poter salire sulla scogliera sacra. Sarà anche iper turistico ma va assolutamente la pena.
Tornati a Padang Bai, ci siamo seduti a mangiare. Dopo dieci giorni di porzioni da Nouvelle Cuisine, Kiki si è ribellato e battendosi i bugni sul petto ha tuonato “minchia che fame” e ha ordinato tutto il menù come nei migliori film dei Monty Python.
Domani all’alba si parte per Gili Meno. Le aspettative sono “paradiso terrestre, isoletta di 2km per 3km, barriera corallina da sogno, tartarughe e mare cristallino, palme, cocco, etc”, quindi ora siamo terrorizzati di arrivare in un posto di merda ed essere condannati a scappare con le pive nel sacco.
Di Bali ci mancheranno molte cose, a partire dalla dolcezza che ogni balinese che incontriamo ha verso i nostri bambini.